Le Grotte di Frasassi a Genga: un paradiso nel sottosuolo

La prima volta che le visitai avevo 10 anni ed ero in gita scolastica in quinta elementare, negli anni ’80. Allora le fantasmagoriche – e non esagero – Grotte di Frasassi, a Genga in provincia di Ancona, erano ancora una relativa novità. Sono state scoperte infatti solo nel 1971, a opera del Gruppo Speleologico Marchigiano CAI del capoluogo marchigiano. Devo dirvi che da allora ho avuto la fortuna di ammirare le più belle grotte d’Europa, da quelle di Castellana in Puglia alle blasonate grotte di Postumia, passando per le meno note (ma devo dire stupefacenti) grotte di San Canziano, sempre in Slovenia. Tuttavia, il primo amore non si scorda mai e tutt’oggi, se devo portare qualcuno a visitare una fra le meraviglie sotterranee del nostro Paese, lo conduco in questo selvaggio angolo delle Marche, tra gole di dolorosa bellezza ed eremi inaccessibili che sono una gioia per lo spirito.

Ripeterò qui la stracitata metafora con cui si attizza lo stupore di chi entra a Frasassi. Dovete sapere che la prima sala ha dimensioni vertiginose: non per niente l’hanno battezzata “Abisso Ancona”. Ebbene, vi diranno che può contenere comodamente il Duomo di Milano (ci sono stato cinque volte in trent’anni, sono cambiate le guide, ma la frase di benvenuto è ancora questa). Ti ritrovi in un mondo immenso, splendidamente illuminato. Adesso come quando ero bambino, fa effetto non riuscire a rendersi conto delle distanze, mancando i punti di riferimento abituali. Stalagmiti alte quanto palazzi di cinque piani ti appaiono colonnine di una pieve romanica. Stessa eleganza, tra l’altro. Così come si stenta a credere alla storia degli intrepidi speleologi che si calarono dall’alto nel famigerato Abisso, incuranti del buio e del vuoto, per oltre cento metri. Alcuni degli scopritori erano poco più che ragazzini.

Vi riporto uno stralcio del comunicato stampa di allora, giustamente pieno di entusiasmo: «Il gruppo speleologico anconetano ha individuato l’apertura di una grandissima grotta […] le dimensioni della grotta sono talmente grandi che occorreranno numerose ispezioni per stabilirne l’ampiezza. Secondo le prime indicazioni sembra che sia una delle più grandi finora scoperte nel nostro paese e comunque fra le prime in una ipotetica classifica mondiale. Il gruppo ha ora in animo di effettuare una ispezione con permanenza in loco di almeno una settimana» (Dal Corriere Adriatico del 6 ottobre 1971).

Oggi la visita si svolge su un sentiero attrezzato, accessibile a tutti ma con la presenza di diverse rampe di scale. Astenersi, ovviamente, chi soffrisse di claustrofobia più per l’idea ansiogena di essere dentro a una montagna che altro, visto che non esistono passaggi angusti. Si cammina tra concrezioni spettacolari, frutto del tempo e dell’erosione, a cui sono stati dati nomi di fantasia: i Giganti, l’Orsa, la candida Madonnina e la Spada di Damocle, una stalagmite alta più di sette metri che penzola sulla testa dei visitatori ma non si staccherà prima di migliaia di anni. Ancora, laghetti di un azzurro caraibico, pareti coperte di calcite che scintillano come diamanti e sale che, per eleganza, paiono decorate da un artista. Una fra tutte, quella detta “delle Candeline”, dove una serie di stalattiti bianchissime si alza da uno specchio d’acqua magistralmente illuminato.

Quando vidi le Grotte per la prima volta, in quella gita di cui parlavo prima, ricordo che la guida ci indicò alcune tende da campeggio, perse in un angolo remoto dell’Abisso Ancona. La spiegazione mi affascinò da matti. Dentro c’era infatti uno scienziato solo, dissero, che stava facendo un esperimento di isolamento; studi come questi sono fondamentali nel campo della cronobiologia, della sociologia e della farmacologia. Se ho ben ricostruito a posteriori i tasselli della vicenda, quell’uomo era Maurizio Montalbini, uno dei più importanti speleologi italiani. L’esperimento si chiamava 210 giorni fuori dal tempo. Immaginai con terrore l’atmosfera che doveva avere quel luogo dopo gli orari di visita, quando si spegnevano le luci e moriva l’eco della minuscola serpentina di visitatori – noi – giù in basso. Lì dove la natura stava creando i propri capolavori, in una sinfonia di gocce d’acqua che piovono dalla terra. Senza stelle, senza nuvole, sotto un cielo di roccia. E per qualche giorno ho sognato di incontrare quello scienziato e ascoltare i suoi racconti sulla solitudine assoluta.

Come arrivare alle Grotte di Frasassi

Da Ancona, tenete le indicazioni per Genga. C’è un grande parcheggio gratuito prima delle Grotte, dove lasciare l’auto ed eventualmente pranzare (a disposizione chioschi, bar e bagni). Qui c’è la biglietteria dove comunicano l’orario della prima visita disponibile. Si sale in navetta, ogni dieci minuti – un quarto d’ora. Per chi ha il camper – io appunto avevo il camper – potete parcheggiarlo tranquillamente perché l’area è immensa e qualcuno si ferma pure a dormire. La visita turistica delle Grotte, in quanto a difficoltà, è paragonabile a una passeggiatina in montagna. Avevo con me i miei figli di 4 e 6 anni che hanno partecipato senza problemi. Tutte le info qui.

Testo di Devis Bellucci
Foto: Superchilum (Opera propria) [ CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0) ] tramite Wikimedia Commons

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