Bologna, città adottiva

Con la salita al santuario della Madonna di S. Luca per un doveroso ringraziamento, concludo il mio anno dedicato all’esplorazione della città per il nuovo libro

E così la mia avventura alla scoperta dei segreti di Bologna è terminata. Ho perso il conto dei chilometri percorsi e delle foto scattate durante questo meraviglioso viaggio a due passi da casa, durato quasi un anno, per scrivere la guida fotografica della città che uscirà a inizio 2021 per l’editore EMONS.

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Per me che sono modenese, Bologna è sempre stata un po’ la bella ragazza della porta accanto che vedi andare e venire, di cui senti la voce al di là del muro, che vorresti conoscere ma – a quanto pare – è troppo per te. Quando ero adolescente andare il sabato a Bologna equivaleva a lasciare la campagna per ritrovarsi in una città vera, piena di movimento e di opportunità, di colore e di gente diversa. Già la stazione dei treni, ai miei occhi di futuro interrailer incallito, sembrava una porta spalancata verso chissà dove.

Purtroppo non ho avuto neanche la fortuna di fare l’università nel capoluogo emiliano: ho studiato a Modena, dove c’era e c’è tuttora un ottimo corso di laurea in fisica. Non dico l’invidia per gli amici e in genere per tutti i coetanei che hanno trascorso sotto le due Torri gli anni della giovinezza, tra appartamenti multifunzionali e pluricondivisi, pub, locali, musica, centri sociali e impegno politico. Insomma, tutto quello che ho sempre desiderato. Come tanti ventenni emiliani, ho passato anch’io la fase “cantautori impegnati”, e in quei tempi la colonna sonora delle mie meditazioni e delle serate in auto con gli amici era il maestrone Francesco Guccini, che abitava a Bologna in via Paolo Fabbri 43 e bazzicava spesso alla Trattoria Da Vito. Così anche noi andavamo Da Vito, sperando di incontrarlo, ma niente: ci andava sempre quando noi avevamo deciso di fare altro. Per non dire del Roxy Bar, identificato da tutti (erroneamente, pare) come quello citato da Vasco Rossi in “Vita spericolata”. Vasco non l’ho mai visto, ma ogni tanto ci ho fatto una scappata, perché non si sa mai.

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Poi succede che un editore mi regala il pretesto per conoscere tutti i misteri della ragazza sconosciuta, proprio lei, la città dirimpettaia. Che regalo, accidenti. E così sono partito è rientrato mille volte, esplorandone gli angoli e i sentieri, assaporandone le luci, le ombre e le storie. Ho perso il conto (in realtà ce l’ho in un file excel) delle persone che mi hanno aperto le porte delle loro attività, dei musei, delle associazioni e dei circoli, in quest’anno di lavoro. Gente splendida, che senza troppi giri di parole mi ha mostrato ogni volta quanto Bologna sia accogliente, buona e generosa, anche nel momento della difficoltà. Ho vissuto il magone della città deserta e spoglia, ma comunque scintillante e magnifica, durante i giorni del lockdown. Piazze tirate a lustro che riflettevano il cielo e tanto silenzio ovunque, che in via Capo di Lucca si sentiva nitidamente la cascata del canale delle Moline. E l’ho vista ripopolarsi un po’ alla volta fino a ieri, quando piazza Maggiore mi è apparsa nella sua veste estiva con l’immenso schermo per le serate del Cinema Ritrovato.

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Oggi, che è tempo di ringraziare, ho deciso di farlo salendo sulla torre degli Asinelli, lungo la vertiginosa scala di legno, per abbracciarla tutta dall’alto; ed era rossa come sappiamo, un bassorilievo di terracotta tessuto di chiaroscuri che si staglia nella foschia azzurra. Ho passeggiato nuovamente per via dell’Inferno e via Valdonica, nel ghetto, lì dove i portici sono bassi, tortuosi e in inverno, quando sale il freddo della nebbia e le ombre si allungano, le atmosfere diventano quasi noir.

Il mio grazie finale è stato il classico cammino fino al santuario di S. Luca, sotto al lungo porticato color del tramonto, dove il susseguirsi degli archi regala prospettive davvero incredibili. Arrivato nel santuario, ecco il consueto senso di pace, serenità e armonia. E mi sono coccolato per un po’ Bologna, città finalmente adottiva, che riposa a piedi delle colline, affacciata sull’orizzonte verdastro della pianura. Per il resto, ci vediamo in libreria nel 2021.

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10 luoghi dell’Emilia Romagna che devi assolutamente conoscere

Una delle regioni più belle d’Italia in dieci mosse fuori dagli schemi

Come dice il nome, prima di tutto Emilia Romagna significa due mondi in uno. Da un lato le terre celebri per l’eccellenza della gastronomia e le aziende automobilistiche – non per niente parliamo di “Motor Valley” – dall’altro le città di mare, con lo splendore dell’arte paleocristiana a Ravenna e i borghi medievali nel Montefeltro. Al centro, la dotta Bologna, che poi è anche detta la grassa, la goliardica o addirittura “la città delle tre T”: tette, torri e tortellini. Un’anima scapigliata dove nessuno ha mai messo in discussione quel tanto di gola e di lussuria.

Oggi voglio presentarvi 10 luoghi di questa splendida regione che forse ignorate, giusto per darvi qualche motivo in più per venire a conoscerla.

Cipressi e grappoli d'uva, Campiglio. Ottobre 2016 Rid.
Autunno, Vignola – Modena

1) Le colline del Lambrusco

Siamo in provincia di Modena, in quell’unione di Comuni chiamata “Terre di Castelli”. Il paesaggio collinare è dolce e sofferto allo stesso tempo a causa del calanchi che, come cicatrici argentate, irrompono nel verde. Durante il periodo autunnale la zona tra Castelvetro e Savignano sul Panaro si veste dei colori caldi delle vigne, tra rocche medievali e torri. Una meraviglia.

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2) Il borgo dipinto di Dozza

Siamo nel Bolognese. Dozza è un piccolo tesoro d’arte a cielo aperto, uno dei borghi dipinti più belli d’Italia. Passeggiando tra i suoi vicoli acciottolati, si possono ammirare decine di murales e disegni sui muri delle case, risultato di una kermesse biennale di artisti nata negli ’60 e che si tiene tuttora. Un tripudio di fantasia. Non dimenticate di fare un salto nella Rocca Sforzesca, sede dell’Enoteca Regionale dell’Emilia Romagna.

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3) Bobbio

Varrebbe la pena di venire a Bobbio, nel Piacentino, anche solo per vedere il suo ponte vecchio – o ponte Gobbo – sul fiume Trebbia: un’opera che fin dal Medioevo destava l’ammirazione dei tanti pellegrini che si trovavano a passare di qui. Bobbio sorgeva infatti sulla Via degli Abati, o Via Francigena di montagna, un cammino che già in epoca longobarda la collegava con Pavia e Pontremoli.

San Pellegrino in Alpe di Devis Bellucci Rid
Santuario di San Pellegrino e San Bianco – Modena/Lucca

4) San Pellegrino in Alpe

Ci troviamo a oltre 1500 metri di quota e infatti il borgo di San Pellegrino è tra quelli più alti dell’Appennino. Pensate che la zona è divisa in due dalle provincie di Modena e Lucca: il confine taglia proprio il paese, così per metà si trova in Toscana e per metà in Emilia. Il santuario è da sempre frequentato dai pellegrini, che si recano qui per chiedere grazie a San Pellegrino e San Bianco e toccare la croce di faggio, che guarda come una sentinella le Alpi Apuane.

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Torrechiara – Parma

5) Il Castello di Torrechiara

Si trova in posizione panoramica sui primi rilievi dell’Appennino parmense ed è uno dei castelli più scenografici e meglio conservati d’Italia.  All’interno le sue sale presentano splendide decorazioni rinascimentali. L’ambiente più celebre della rocca è la Camera d’Oro, affrescata da Benedetto Bembo nel 1462 con un ciclo di dipinti che sono un inno all’amor cortese. A proposito di amore, pensate che questo castello fu voluto dal conte Pier Maria de’ Rossi come nido d’amore per sé e l’amante Bianca Pellegrini. Quando si dice perdere la testa per una donna…

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6) Il parco del Delta del Po

Gli appassionati di natura e birdwatching devono assolutamente trascorrere un weekend nella Camargue d’Italia, dove il Po si divide in mille rivoli e canali per raggiungere l’Adriatico. Un buon punto di partenza per visitare il parco è la località di Goro, nel Ferrarese, da dove è possibile raggiungere uno degli ultimi ponti di barche rimasti in zona. Oltre ai tanti sentieri, percorribili a piedi o in mountain bike, non perdetevi una gita in barca e la visita dell’Abbazia di Pomposa, risalente al IX secolo, una delle più importanti del nord d’Italia.

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7) La pista ciclabile che collega Ravenna e Cervia

Eccoci nel cuore della Romagna. Fra i segreti più custoditi della zona c’è il percorso ciclabile (perfetto da fare anche a piedi) che collega l’antica capitale dell’Impero Romano d’Occidente con la località di Cervia. Il tragitto tocca il borgo di Classe, dove si trovava il porto romano, e attraversa la pineta omonima, citata anche da Dante Alighieri nella Divina Commedia. Lo scenario è di una bellezza commovente, con campi di girasole, canali e capanne su palafitte per la pesca. Sembra di essere lontani migliaia di km dal caos della riviera.

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Monteveglio – Bologna

8) L’Abbazia di Monteveglio

Altro tesoro poco noto è questa abbazia nel Bolognese, in Valsamoggia, che domina da un colle la pianura Padana. Dedicata a Santa Maria Assunta ed eretta in stile romanico, fu edificata per volontà di Matilde di Canossa in segno di ringraziamento per la vittoria avuta sull’imperatore Enrico IV. Tutta l’area è inclusa in un parco regionale coperto di boschi, vigneti e prati. Anche qui il paesaggio è segnato dalla presenza dei calanchi.

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Castello di Rossena – Reggio Emilia

9) Il castello di Rossena

Ci troviamo nel comune di Canossa, sull’appennino Reggiano, in una zona ricca di vestigia medievali. La rocca risale probabilmente al 950 ed è stata edificata attorno a una torre più antica, simile a quella vicina di Rossenella. Non lontano si trova anche il castello di Canossa, i cui ruderi, purtroppo, non rendono affatto  l’idea di come doveva essere ai tempi della contessa Matilde. Oggi la rocca di Rossena è visitabile grazie ai volontari di un’associazione del posto, una miniera di informazioni e storie sul luogo (c’è pure la leggenda di un fantasma, ovviamente).

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Spiagga della Bassona – Ravenna

10) La selvaggia spiaggia della Bassona

A tutti quelli che non amano la riviera romagnola, giudicandola cementificata e senz’anima, io dico: Venite alla spiaggia della Bassona, rimasta praticamente come Dio l’ha fatta. Un po’ lo dobbiamo anche agli amici naturisti che in passato l’hanno frequentata con una certa assiduità, allontanando le fauci dell’edilizia. Chi vorrebbe mai una villetta con vista sui nudi fricchettoni? O un albergo, che poi i bambini si scandalizzano? Oggi la Bassona è un ampio tratto di litorale incontaminato che ci parla – con un po’ di tristezza, questo sì – di com’era la costa 50 o 60 anni fa. La trovate vicino a Lido di Dante, in frazione Fosso Ghiaia, una trentina di km da Ravenna. Ci si può arrivare ovviamente, anche da Sud, partendo in questo caso da Lido di Classe.

Il borgo dipinto di Dozza (Bologna)

Grazie alla Biennale del Muro Dipinto, questa deliziosa località nel Bolognese è diventata una galleria d’arte a cielo aperto

La prima notizia documentata del nome di questo borgo medievale, dalla forma che ricorda la carena di una barca, è del 1126. Dozza deriverebbe da “doccia”, riferito alla presenza nel luogo di un condotto per convogliare l’acqua in una cisterna per la popolazione. Oggi Dozza si mostra intatta nella sua veste medievale, con la massiccia Rocca Sforzesca, le stradine selciate, il Rivellino di accesso all’abitato e la chiesa di Santa Maria Assunta. Attorno, l’abbraccio delle prime colline che cingono la via Emilia, fra Bologna e Imola, coperte di vigneti.

Tutta questa zona, una sorta di baricentro tra Emilia e Romagna, ha un’antica e illustre tradizione vitivinicola. Dozza è infatti anche detta Città del Vino, nonché sede dell’Enoteca Regionale dell’Emilia Romagna, che coinvolge oltre 200 produttori di vino, aceto balsamico e distillati. La visita all’Enoteca per assaggiare un buon calice di Albana, Lambrusco, Sangiovese o Malvasia vale il viaggio. Proprio l’Albana è stato il primo, tra i bianchi italiani, ad avere ottenuto la Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG) nel 1987.

Il borgo di Dozza è reso unico dai numerosi dipinti sui muri delle case, che illuminano nel segno della bellezza il paesaggio urbano e regalano suggestioni improvvise. Una vera galleria d’arte contemporanea a cielo aperto, senza orari d’apertura né biglietto d’ingresso, dove ci perde lungo le ali della fantasia. I dipinti sono il lascito della Biennale del Muro Dipinto, una manifestazione nata negli anni sessanta che vede protagonisti artisti di tutto il mondo, le cui opere rimangono poi a patrimonio del borgo. Il risultato è un medioevo colorato proprio come nelle fiabe, dove creature malinconiche ti fissano da un’architrave e le nubi corrono lungo le pareti delle case, lontane, verso l’orizzonte fioco della grande pianura Padana.

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Cosa mangiare e dove mangiarlo

Qui sono ottimi tutti i salumi. Anche se siamo in Romagna da pochi km, troverete chi ve li serve con una piada romagnola preparata come Dio comanda. Da assaggiare i primi piatti con la sfoglia tirata a mano: tagliatelle al ragù di carne alla bolognese (un’istituzione), maccheroni al pettine e tortelli con ricotta e spinaci conditi con burro fuso aromatizzato alla salvia, non senza un’abbondante spolverata di Parmigiano Reggiano. Per assaggiare la cucina tipica del territorio potete andare, ad esempio, alla Piccola Osteria del Borgo o al ristorante La Scuderia.