Il lago dell’arcobaleno che non esiste più…

Era uno dei luoghi più incantevoli delle Dolomiti. Serviranno decenni perché ritrovi l’antica bellezza

Ecco un’altra meraviglia della nostra Italia, nel cuore delle Alpi, incastonata fra le Dolomiti. Ti prepari al bello, perché le immagini del lago di Carezza, in Alto Adige, le hai già viste mille volte online, sui libri e perfino come sfondi dei desktop; eppure, salendo lungo la strada tutte curve che ti porta in questo angolo di magia fra gli abeti, a oltre 1500 metri di quota, la domanda è sempre una: l’acqua avrà davvero quelle sfumature che paiono irreali, che sembrano photoshoppate, tanto che in lingua ladina questo lago è detto “arcoboàn”, ossia dell’arcobaleno? Ebbene, fino a qualche tempo fa non si restava delusi. Io lo vidi per la prima volta in autunno, in un mattino gelido che si concluse con una spolverata di neve fine. Sul lago c’era un velo di ghiaccio che zigrinava la superficie, rendendolo ancora più scintillante. Dietro, maestosa, la mole del Latemar e quella del Catinaccio, coi loro pinnacoli di pietra. Una visione di pace e di armonia, che rasserenava lo spirito, soprattutto in bassa stagione quando il lago era immerso nel silenzio.

C’è anche una leggenda legata al lago di Carezza. Si racconta della bella ninfa Ondina, che ne abitava le acque. Lo stregone del Latemar se ne era perdutamente innamorato e tentò più volte di rapirla. Un giorno, per incanto, fece apparire sopra al lago un bellissimo arcobaleno allo scopo di attrarre la ninfa e portarsela via. Quando Ondina salì dalle acque e vide lo stregone fuggì terrorizzata; allora lui, accecato dall’ira, distrusse l’arcobaleno in mille pezzi come fosse uno specchio. I frammenti caddero nel lago e si sciolsero nell’acqua, donandole, come per magia, i colori dell’iride.

Purtroppo oggi lo scenario che avvolge il lago di Carezza è molto cambiato. Il 30 ottobre 2018 tutta la zona è stata devastata dalla tempesta Vaia, con raffiche di vento che, sul passo Rolle in Trentino, hanno superato i 200 km/h. Secondo il celebre alpinista Messner, si è trattato di venti paragonabili a quelli che si registrano sull’Everest. I boschi di larici e abeti che coronavano il lago sono stati abbattuti e il paesaggio è tuttora triste e desolato. Serviranno decenni perché tutto torni com’era e l’autunno infiammi di nuovo, coi suoi colori caldi, le foreste attorno alla dimora della ninfa Ondina.

Le piramidi di roccia più belle del mondo

Ammirando l’incanto delle Tre Cime di Lavaredo

Sono lì, sospese tra terra e cielo, allineate come sentinelle al confine tra Veneto e Trentino Alto Adige. Secondo molti, sono le vette più spettacolari tra le montagne più spettacolari del mondo: le Dolomiti. Parliamo delle Tre Cime di Lavaredo, facilmente raggiungibili in auto attraverso la strada panoramica a pedaggio di ingresso al parcheggio, che sale da Misurina, ma che si apprezzano in tutta la loro magnificenza solo grazie a uno dei tanti trekking che si snodano tutto attorno. La prima volta che le ho viste, in autunno come adesso, mi hanno lasciato disorientato per la loro maestosità, per quel senso di trascendenza che le avvolge, lì, armoniosamente allineate da millenni. E mi colpiva pensare, mentre ammiravo un paio di rocciatori appesi nel vuoto, che questo prodigio della natura abbia fatto da sfondo alle battaglie della prima guerra mondiale: tra il 1915 e il 1917 il fronte passava di qui. Nel vicino monte Paterno, rimangono tuttora gallerie, trincee, baraccamenti, che si possono esplorare.

Gli escursionisti vanno e vengono, la giornata è ideale, ma l’inverno è alle porte. Tra poco una coltre candida sommergerà i sentieri, i bivacchi, la chiesetta degli Alpini, cristallizzando tutto come se il tempo si fermasse in uno scenario che riporta tutti noi alle dolcezze dell’infanzia. Invidio i camperisti, gli escursionisti in tenda o quelli che, pernottando in qualche rifugio ancora aperto, tufferanno lo sguardo fra le stelle, stasera, e guardaranno l’Orsa Minore crepitare nel silenzio, mentre domina i pinnacoli di pietra.

Questa è la nostra Italia. Quando ne cogli il suo lato più selvaggio e inaccessibile, nella luce dorata del sole, non può che salire al cielo una preghiera di ringraziamento per tanta meraviglia che ci è stata donata; se manca la fede, non importa, perché la voce di queste piramidi di roccia che racconta di antichi oceani, dono del tempo e dell’erosione, riempie il cuore di pace. Mai come oggi, col mondo alle strette, abbiamo bisogno di un po’ di serenità che ci scaldi l’anima ed è consolante trovarla nella gratuità del creato.

Val di Funes, il fascino segreto dell’Alto Adige

Tutto l’incanto dei colori autunnali in una valle incantevole, considerata tra le più belle del mondo

Quando ho bisogno di riposare lo sguardo, liberandolo da tutta la polvere, le ansie, il rumore di fondo della nostra vita, io ripenso e sogno la Val di Funes. La vedo così, a occhi chiusi, scintillante coi suoi prati che sembrano tele al sole, il cielo puro, quel silenzio terapeutico che appiana i pensieri.

Siamo stati capaci di ammorbare il fascino di molti luoghi delle nostre Alpi, ma non la Val di Funes che è sempre uguale a se stessa, appartata, in un angolino dell’Alto Adige ai piedi delle Odle. Si dirama tra Bressanone e Chiusa fino all’ultimo centro abitato, Santa Maddalena (1.339 m s.l.m.), porta d’accesso al Parco Naturale Puez-Odle. Se ci andate adesso, in autunno, non troverete nessuno, a parte qualche fortunato camperista che può dormire sotto le stelle.

Prati in Val di Funes – Alto Adige

Tra le immense abetaie brillano come fiaccole i pini dorati, mentre il verde tutto attorno è ancora carico di luce, prima dei geli invernali. Non perdetevi i borghi della valle: Funes, appunto, perla della Alpi, e poi San Valentino, San Giacomo e Tiso, tappa perfetta se avete con voi dei bambini perché potranno visitare il Museo Mineralogico (Mineralienmuseum Teis), nato dalla passione di due collezionisti.

Il gruppo delle Odle – Alto Adige

Non stupisce, infine, che tanta bellezza abbia nutrito lo spirito della gente di qui, levando il loro sguardo verso l’alto; questa valle, infatti, è celebre per le sue chiesette e le pievi, autentiche meraviglie architettoniche e preziose espressione di devozione popolare. Andate alla chiesa di San Giacomo, a quella di San Pietro e Paolo, alla cappella che domina il colle del Santo Sepolcro. Soprattutto, fermatevi un poco a contemplare la chiesetta di San Giovanni, icona fotografica della Valle. Colorata e misteriosa, domina come una principessa un vasto prato dove capita di vedere bambini intenti a far volare gli aquiloni.

Come arrivare: sulla A22 del Brennero, uscita Chiusa – Val Gardena, poi indicazioni per Funes (SP141)