5 luoghi geniali dove la terra parla

Un viaggio tutto italiano nella memoria del nostro pianeta, dove gli elementi si rigenerano e celebrano la propria bellezza

Durante la lunga avventura che mi ha portato a scrivere il mio ultimo libro, “Guida ai luoghi geniali” (Ediciclo Editore), tutto dedicato all’Italia della scienza e della tecnologia raccontata a bambini e non, più volte sono incappato in luoghi straordinari per chi voglia comprendere, o anche solo godere, della storia del nostro pianeta; in altre parole, dei veri libri di geologia a cielo aperto. Siti primordiali e deserti, dove la terra si denuda e racconta le proprie memorie, concedendoci di guardare in profondità, fisicamente e nel tempo, e di riempirci gli occhi con l’incanto dei colori.

Il mio bambino più piccolo ha una vera passione per i minerali (e per gli insetti, le stelle, la geografia, i vulcani, il Dr. House, etc) e questo mi ha spinto ancora di più a cercare e valorizzare le destinazioni del nostro Paese in cui trionfano il nero vetroso dell’ossidiana, il grigiore plumbeo dei calanchi, la luccicanza (oddio! Shining!) delle piriti, la polvere rossa dell’ossido di ferro, il candore delle pomici, il giallo dello zolfo. Oggi ve ne racconto alcuni, rimandandovi al libro – e soprattutto a una gita fuori porta! – per tutti gli altri. Ne ho raccolti e descritti a decine.

1. L’argilla dei calanchi

Mi ha sempre colpito il fascino doloroso di un paesaggio segnato dai calanchi, così comune in Italia eppure così bello in ogni stagione. Sarà che io nei calanchi – aree collinari ricche di argille, segnate da fenomeni di erosione per effetto delle acque – ci sono cresciuto in mezzo. Quando ero bambino, quelli lungo la fondovalle del fiume Panaro, vicino a casa mia, erano teatro di avventure, giochi, scalate, immaginando improbabili fughe da qualche nemico. Una volta, in piena guerra del Golfo, piantai pure una grande bandiera rossa sulla cima di un calanco, che richiamò l’attenzione di una pattuglia di carabinieri solerti. Poi non successe nulla e la bandiera è rimasta là fino a che non è marcita.

Dove trovare i calanchi più belli, magari disseminati di fossili a celebrare un tempo lontanissimo in cui tanta Italia era sotto il mare? Consiglio, in particolare agli appassionati di fotografia, di andare a vedere quelli che circondano Canossa, nell’Appennino Reggiano, dove troverete le vestigia di antichi manieri legati alla mitica figura della contessa Matilde (la bella foto di copertina di questo pezzo, opera di Giorgio Galeotti / commons.wikipedia.org, ben rende il fascino dei calanchi di Canossa); c’è poi il bel Parco regionale dei Gessi Bolognesi e dei Calanchi dell’Abbadessa, sulle colline bolognesi. Infine, i più belli di tutti, a mio avviso: i Calanchi Lucani, nella zona sud-orientale della Basilicata, che lo scrittore Carlo Levi così descrive:  “argilla bianca senz’alberi e senza erba e da ogni parte non c’erano che precipizi d’argilla bianca, su cui le case stavano come liberate nell’aria”.

2. Parco tecnologico e archeologico delle Colline Metallifere grossetane

Siamo nella zona più meridionale dell’Antiappennino toscano, tra rilievi plasmati nei secoli dalle mani dell’uomo, che dai tempi degli Etruschi ha cercato di mettere le mani sulle considerevoli ricchezze – in termini minerari, s’intende – celate nel sottosuolo. Pirite, blenda, lignite, allume, galena… Uno scrigno di tesori alle porte della Maremma, per cui si è sviluppata una complessa rete di siti industriali, oggi dismessi, le cui fascinose vestigia segnano il territorio: pozzi, teleferiche, linee ferroviarie, depositi di scorie abbandonati e silenziose miniere, calate in un’atmosfera di grande bellezza paesaggistica. Andateci e non ve ne pentirete. I comuni coinvolti nel Parco sono sette: Montieri, Follonica, Roccastrada, Massa Marittima, Scarlino, Monterotondo Marittimo e Gavorrano. Sempre in zona, c’è tutta l’area toscana legata alla geotermia, misteriosa e un po’ spettrale, con la centrale di Larderello (Pisa) – la prima al mondo – il Museo della Geotermia e tutta una serie di siti da non perdere, tra cui il Parco naturalistico delle Biancane, con soffioni, fumarole e sbocchi di vapore coronati da cristallizzazioni di zolfo.

DCF 1.0
Foto: commons.wikipedia.org

3. Grotte di Castellana

L’Italia in quanto a grotte non è seconda a nessuno. Pensiamo a quelle friulane o alle Grotte di Frasassi, in provincia di Ancona. Oggi però vorrei citarvi le altrettanto famose Grotte di Castellana, nel territorio del comune omonimo in provincia di Bari. Sono tra le più spettacolari del nostro Paese. La visita si snoda su un percorso di alcuni chilometri tra canyon, laghetti scintillanti, stalattiti e stalagmiti che paiono opera di un artista. La caverna finale, detta “Grotta bianca”, è uno splendore di candide concrezioni, che ne fanno una delle più belle al mondo. Se avete dei bambini con voi, usciti dalle grotte porteli al Parco dei Dinosauri, dove potranno ammirare diverse riproduzioni dei grandi rettili estinti.

Grotte_Castellana_(5) Foto: commons.wikipedia.org

4. Piramidi di roccia del Renon

Gli Altoatesini le chiamano Lahntürme, ovvero le torri delle frane. Sono delle curiosità geologiche uniche nel loro genere, che ricordano in piccolo i camini delle fate in Cappadocia, e derivano dall’erosione di depositi di origine glaciale, con presenza di ghiaia e massi immersi in sedimenti fini ricchi di limo. L’erosione causata dal passaggio delle acque scava via via solchi più profondi, separati gli uni dagli altri da creste aguzze, che lentamente vengono erose. In Alto Adige trovate le piramidi di terra in varie località, ma le più famose sono vicino a Bolzano, sull’altopiano del Renon. Il colpo d’occhio su queste formazioni grigiastro-dorate, che si stagliano nell’azzurro del cielo fra gli abeti, è ovviamente notevole.

1620px-2018-PiramidRenon4

Foto: K. Weise / commons.wikipedia.org

5. Gran cratere della Fossa – isola di Vulcano

Non voglio andare per il sottile: al di là delle amenità di natura geologica, quello che si ammira dal cratere dell’isola di Vulcano, nell’arcipelago delle Eolie, è uno dei panorami più belli del mondo (vi assicuro che ho avuto la fortuna di vedere un po’ di posti). Tra l’altro, questo cratere è probabilmente tra i più accessibili in assoluto: con una bella passeggiata di un’oretta vi trovate sulla cima e potrete percorrerne tutta la circonferenza, godendo di uno scenario “da giù di testa”, come diciamo qui in Emilia. Immaginate un mare color cobalto, puntellato di isole, con Stromboli sullo sfondo e, da parte opposta, la mole dell’Etna di solito incorniciata da qualche nuvola di passaggio. A parte questo, per modo di dire, il Gran cratere della Fossa è celebre per i suoi campi di fumarole, circondanti da bellissimi cristalli di zolfo. Peccato non poterne portare a casa un frammento per ricordo: al di là del fatto che non si può, ci lascereste la mano, data la temperatura dei vapori mefitici. E visto che siamo in tema vulcani e geologia, sull’isola vi aspetta una suggestiva spiaggia di sabbia nera, delle pozze di fango termale tiepidine al punto giusto insieme alla “valle dei mostri”, dove la lava di una vecchia eruzione ha generato strabilianti formazioni di basalto.

Fianco

La foto di copertina è di Giorgio Galeotti / commons.wikipedia.org

5 “luoghi geniali” sottoterra

Tutti giù per Terra, alla scoperta delle meraviglie nel sottosuolo

Chi l’ha detto che le cose più belle si trovano alla luce del sole? Per scrivere il mio ultimo libro, “Guida ai luoghi geniali”, uscito di recente per i tipi di Ediciclo, ho trascorso l’ultimo anno a scandagliare l’Italia in cerca dei luoghi più curiosi tra scienza, tecnologia e natura; quelli che, quando li visitiamo, ci viene da dire: «Accidenti, che fortunati i geologi, i biologi marini, gli astronomi, i vulcanologi, i fisici, etc, che dedicano il loro tempo a comprendere meglio, e a raccontarci, simili meraviglie». E tutti ci ritroviamo a immaginare una vita da esploratori.

L’Italia che non si vede è stata per me una grande scoperta. Quella sotto ai nostri piedi, per intenderci. Subito si pensa alle grotte – e a ragione – ma lo spettacolo celato nel sottosuolo non si ferma qui. Ad esempio, io non avrei mai creduto che il nostro Paese fosse così ricco in termini di miniere (visitabili), parchi minerari, curiosità geologiche fino a interi laboratori di ricerca sepolti nelle viscere della terra. Ecco un assaggio di questo mondo sommerso dove imparare la geologia, la fisica e la storia del nostro pianeta. Se vi appassionate, nel libro ci sono tanti altri siti.

Museo Provinciale delle Miniere – Bolzano

Se da bambini vi è piaciuto “Viaggio al centro della Terra” di Jules Verne venite a Predoi, in Valle Aurina, uno degli angoli più selvaggi dell’Alto Adige. Qui si trova un’antica miniera di rame, citata per la prima volta nel Quattrocento. Oggi questo mondo, accessibile con un comodo trenino, è avvolto nel silenzio, ma fino agli anni ’70 avreste visto i minatori impegnati nell’estrazione del metallo. Il Museo delle Miniere di Bolzano ha anche altre sedi: a Ridanna (un impianto industriale per la lavorazione del minerale), a Cadipietra (un’esposizione permanente) e soprattutto a Monteneve, dove vi aspetta un villaggio fantasma in passato abitato dai minatori. Quest’ultimo si raggiunge solo a piedi, quindi è meglio aspettare la bella stagione visto che si trova a oltre 2300 metri di quota.

Miniera di Gambatesa – Genova

Ci troviamo in Val Graveglia, nell’entroterra di Lavagna, celebre località sul mar Ligure. Quella di Gambatesa, aperta nel 1876, è stata la più grande miniera di braunite d’Europa; la braunite è un minerale da cui si estrae manganese, impiegato in ambito siderurgico. Chiuse nel 2011 ed era già visitabile alla fine degli anni Novanta, quando un trenino in uso ai minatori venne attrezzato per i turisti. Anche oggi si accede grazie a un piccolo convoglio che conduce nel cuore della montagna, quindi si prosegue a piedi. Pensate che le gallerie si diramano per quasi 25 km, disposti su sette livelli principali comunicanti fra loro grazie a una rete di pozzi, discenderie e rimonte.

1440px-Gambatesa_Mine

L’ingresso alla galleria Cadorin della miniera Gambatesa (foto: Wormcast – Opera propria, CC BY-SA 3.0)

Grotta del Vento – Lucca

Ci troviamo nelle viscere delle Alpi Apuane, sotto il monte Pania a Vergemoli (Lucca). La Grotta del Vento è una delle più importanti grotte turistiche d’Europa, così chiamata per il forte vento che la caratterizza, dovuto alla differenza di temperatura tra l’esterno e l’interno. Le prime esplorazioni della grotta risalgono agli anni ’30 e si arrestarono davanti a un laghetto sotterraneo; solo negli anni ’60 vennero scoperte nuove gallerie per uno sviluppo di quasi 5 km. All’interno della grotta sono stati scoperti numerosi reperti fossili, tra cui le ossa dell’orso delle caverne. A disposizione dei turisti ci sono tre itinerari di visita.

Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna

Da un punto di vista geologico la Sardegna è una fra le terre più ricche e varie d’Italia. Una bella fetta dell’isola è costellata di miniere, ferrovie corrose dalla salsedine e impianti abbandonati, che faranno la gioia dei patiti di archeologia industriale. I vari siti sono racchiusi in questo Parco, uno dei più grandi d’Italia: pensate che si estende su ben 3800 km quadrati che interessano 81 comuni. Armatevi di cartina, cioè navigatore satellitare, macchina fotografica (o smartphone) e via. Uno dei luoghi più suggestivi è la valle che conduce alle Dune di Piscinas, segnata da ruderi romantici e un po’ tetri.

1202px-Laveria_Brassey

La Laveria Brassey nel Parco Geominerario di Sardegna (Foto: wikipedia.com)

Distretto Turistico delle Miniere – Sicilia centrale

Ci troviamo nelle province di Caltanissetta, Enna e Agrigento. Avete presente la famosa novella di Pirandello “Ciàula scopre la luna”, che racconta l’inferno delle miniere di zolfo – le solfare – simili a formicai dall’atmosfera venefica? È ambientata in queste zone, in un passato neanche così lontano. Questa rete di siti racchiude diverse destinazioni da non perdere se amate la natura, la geologia e l’archeologia industriale.

Immagine di copertina: le Grotte di Frasassi” a Genga – Ancona, un altro sito straordinario descritto nella “Guida ai luoghi geniali” (foto di Kessiye – Flickr CC BY 2.0).

 

 

 

 

 

 

 

Le Grotte di Frasassi a Genga: un paradiso nel sottosuolo

La prima volta che le visitai avevo 10 anni ed ero in gita scolastica in quinta elementare, negli anni ’80. Allora le fantasmagoriche – e non esagero – Grotte di Frasassi, a Genga in provincia di Ancona, erano ancora una relativa novità. Sono state scoperte infatti solo nel 1971, a opera del Gruppo Speleologico Marchigiano CAI del capoluogo marchigiano. Devo dirvi che da allora ho avuto la fortuna di ammirare le più belle grotte d’Europa, da quelle di Castellana in Puglia alle blasonate grotte di Postumia, passando per le meno note (ma devo dire stupefacenti) grotte di San Canziano, sempre in Slovenia. Tuttavia, il primo amore non si scorda mai e tutt’oggi, se devo portare qualcuno a visitare una fra le meraviglie sotterranee del nostro Paese, lo conduco in questo selvaggio angolo delle Marche, tra gole di dolorosa bellezza ed eremi inaccessibili che sono una gioia per lo spirito.

Ripeterò qui la stracitata metafora con cui si attizza lo stupore di chi entra a Frasassi. Dovete sapere che la prima sala ha dimensioni vertiginose: non per niente l’hanno battezzata “Abisso Ancona”. Ebbene, vi diranno che può contenere comodamente il Duomo di Milano (ci sono stato cinque volte in trent’anni, sono cambiate le guide, ma la frase di benvenuto è ancora questa). Ti ritrovi in un mondo immenso, splendidamente illuminato. Adesso come quando ero bambino, fa effetto non riuscire a rendersi conto delle distanze, mancando i punti di riferimento abituali. Stalagmiti alte quanto palazzi di cinque piani ti appaiono colonnine di una pieve romanica. Stessa eleganza, tra l’altro. Così come si stenta a credere alla storia degli intrepidi speleologi che si calarono dall’alto nel famigerato Abisso, incuranti del buio e del vuoto, per oltre cento metri. Alcuni degli scopritori erano poco più che ragazzini.

Vi riporto uno stralcio del comunicato stampa di allora, giustamente pieno di entusiasmo: «Il gruppo speleologico anconetano ha individuato l’apertura di una grandissima grotta […] le dimensioni della grotta sono talmente grandi che occorreranno numerose ispezioni per stabilirne l’ampiezza. Secondo le prime indicazioni sembra che sia una delle più grandi finora scoperte nel nostro paese e comunque fra le prime in una ipotetica classifica mondiale. Il gruppo ha ora in animo di effettuare una ispezione con permanenza in loco di almeno una settimana» (Dal Corriere Adriatico del 6 ottobre 1971).

Oggi la visita si svolge su un sentiero attrezzato, accessibile a tutti ma con la presenza di diverse rampe di scale. Astenersi, ovviamente, chi soffrisse di claustrofobia più per l’idea ansiogena di essere dentro a una montagna che altro, visto che non esistono passaggi angusti. Si cammina tra concrezioni spettacolari, frutto del tempo e dell’erosione, a cui sono stati dati nomi di fantasia: i Giganti, l’Orsa, la candida Madonnina e la Spada di Damocle, una stalagmite alta più di sette metri che penzola sulla testa dei visitatori ma non si staccherà prima di migliaia di anni. Ancora, laghetti di un azzurro caraibico, pareti coperte di calcite che scintillano come diamanti e sale che, per eleganza, paiono decorate da un artista. Una fra tutte, quella detta “delle Candeline”, dove una serie di stalattiti bianchissime si alza da uno specchio d’acqua magistralmente illuminato.

Quando vidi le Grotte per la prima volta, in quella gita di cui parlavo prima, ricordo che la guida ci indicò alcune tende da campeggio, perse in un angolo remoto dell’Abisso Ancona. La spiegazione mi affascinò da matti. Dentro c’era infatti uno scienziato solo, dissero, che stava facendo un esperimento di isolamento; studi come questi sono fondamentali nel campo della cronobiologia, della sociologia e della farmacologia. Se ho ben ricostruito a posteriori i tasselli della vicenda, quell’uomo era Maurizio Montalbini, uno dei più importanti speleologi italiani. L’esperimento si chiamava 210 giorni fuori dal tempo. Immaginai con terrore l’atmosfera che doveva avere quel luogo dopo gli orari di visita, quando si spegnevano le luci e moriva l’eco della minuscola serpentina di visitatori – noi – giù in basso. Lì dove la natura stava creando i propri capolavori, in una sinfonia di gocce d’acqua che piovono dalla terra. Senza stelle, senza nuvole, sotto un cielo di roccia. E per qualche giorno ho sognato di incontrare quello scienziato e ascoltare i suoi racconti sulla solitudine assoluta.

Come arrivare alle Grotte di Frasassi

Da Ancona, tenete le indicazioni per Genga. C’è un grande parcheggio gratuito prima delle Grotte, dove lasciare l’auto ed eventualmente pranzare (a disposizione chioschi, bar e bagni). Qui c’è la biglietteria dove comunicano l’orario della prima visita disponibile. Si sale in navetta, ogni dieci minuti – un quarto d’ora. Per chi ha il camper – io appunto avevo il camper – potete parcheggiarlo tranquillamente perché l’area è immensa e qualcuno si ferma pure a dormire. La visita turistica delle Grotte, in quanto a difficoltà, è paragonabile a una passeggiatina in montagna. Avevo con me i miei figli di 4 e 6 anni che hanno partecipato senza problemi. Tutte le info qui.

Testo di Devis Bellucci
Foto: Superchilum (Opera propria) [ CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0) ] tramite Wikimedia Commons