Avete con voi dei piccoli cacciatori di minerali, alla ricerca di rarità? Oppure dei ghostbusters in erba che amano i luoghi abbandonati, carichi di leggende? Allora questo splendido Parco di Campiglia Marittima, in provincia di Livorno, fa davvero al caso vostro, poiché unisce in un colpo solo il fascino del borgo fantasma all’emozione di esplorare ben due miniere, una a piedi e l’altra col classico trenino. Vi anticipo che i miei figli di 7 e 9 anni sono rimasti incantati, al di là della fatica dovuta al sole inclemente.

Andiamo con ordine. Ci troviamo appunto nel territorio di Campiglia Marittima, che a dispetto del nome non è sul mare bensì poco lontano (Marittima significa “della Maremma”). Tutta la zona, abitata fin dall’antichità, è ricca di giacimenti minerari di calcopirite, da cui si estrae il rame, e di galena argentifera, utili per ricavarne argento. C’è anche qualche miniera di limonite, che mescolata con l’ematite proveniente dall’Elba permetteva di ottenere il ferro.
Tutta l’area di Campiglia è ricca di antiche vestigia legate alla tradizione mineraria e, per nostra fortuna, è stato realizzato un Parco che cinge alcune delle testimonianze più importanti, prima fra tutte le rovine di Rocca San Silvestro, un villaggio fantasma sorto fra il X e l’XI secolo e abbandonato pochi secoli dopo. Le rovine del villaggio si ergono sulla cima di un colle, tra gli ulivi, e si possono raggiungere e visitare con una piacevole passeggiata. Pensate che fino agli anni ’80 l’intero complesso era sepolto dalla vegetazione ed è tornato alla luce grazie a recenti campagne di scavo. Nella Rocca ci sono i resti della chiesa, delle mura, il minuscolo cimitero, le rovine di alcune abitazioni e opifici.

La Rocca di San Silvestro è solo il cuore del Parco, che si estende per circa 450 ettari. Chi è più in forma e ha al seguito bambini grandicelli, può dedicarsi all’esplorazione dell’area seguendo uno dei tanti sentieri, riportati sulla mappa disponibile in biglietteria. Lungo il percorso si incontrano impressionanti cave di calcare a cielo aperto, pozzi di estrazione, gallerie e impianti dismessi che faranno la gioia degli amanti dell’archeologia industriale.

Da non perdere la visita alla miniera del Temperino, dove si entra a piedi con caschetto e guida (nonché una felpetta se no il colpo d’aria è assicurato e in questi tempi di Covid meglio evitare); qui potrete esplorare le gallerie realizzate da minatori e ammirare minerali e concrezioni alle pareti. I più piccoli si divertiranno molto visitando la miniera adiacente, in cui si entra con un caratteristico trenino tutto giallo che ne percorre un tratto, mentre scorrono davanti agli occhi vari reperti legati all’attività mineraria, dismessa a fine anni ’70: martelli pneumatici, carrellini arrugginiti, cumuli di materiale. Infine, prima di tornare a casa o fare una puntatina al mare che è lì a due passi, si può visitare il museo e acquistare qualche minerale per la nostra collezione (i miei figli mi hanno dilapidato il portafogli). All’ingresso c’è un ampio parcheggio dove, al momento della mia visita, erano presenti anche alcuni camper; immagino quindi che non ci siano problemi a raggiungere il Parco se siete in viaggio con questi mezzi.
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